Pubblichiamo l’intervento di Massimo Lensi (Comitato Nazionale di Radicali Italiani) apparso il 12 gennaio 2015 su Notizie Radicali
Vi sarebbero ora modi certi e definiti per procedere al superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg). Definiti dalle leggi e dal buon senso. A Montelupo Fiorentino, dentro l’antico complesso, si attende di sapere il destino dei 121 internati (in aumento rispetto a un anno fa), ma anche degli addetti sanitari e degli agenti di custodia. La materia è di quelle articolate. Un groviglio di progetti fa da sfondo al tramonto definitivo degli Opg previsto per il 31 marzo. Ho visitato qualche giorno fa l’Opg di Montelupo; una struttura divisa in due, ma idealmente legata a doppio filo: da una parte l’amministrazione nell’antica villa Medicea dell’Ambrogiana, dall’altra le ex-scuderie dove sono custoditi gli internati. Non si possono fare progetti sulla prima, senza conoscere il futuro della seconda. A meno di tre mesi dalla chiusura, senza considerare le possibili proroghe dell’ultimo minuto, si prova ancora un forte senso di incertezza sul domani. Incertezza sulla destinazione d’uso degli edifici e sul trasferimento degli internati, almeno dei cosiddetti non-dimissibili (i casi più gravi), verso le nuove residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems).
Non si deve dimenticare, però, che la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 52. Sappiamo che resta da modificare il Codice Penale per abolire definitivamente l’Opg e la logica del “doppio binario” tra carcere e ospedale psichiatrico. La nuova legge stabilisce intanto che i magistrati devono adottare misure alternative all’internamento in Opg e che la pericolosità sociale non può essere dichiarata, o confermata, solo perché la persona è emarginata, priva di sostegni economici o non è stata presa in carico dai servizi sociosanitari. E ancora la nuova legge pone limiti precisi alle proroghe della misura di sicurezza (all’origine dei troppi ergastoli bianchi), stabilendo che questa non può essere superiore alla durata della pena per quel reato. Infine, obbliga le regioni a presentare i progetti terapeutico-riabilitativi individuali per gli internati, per consentire le loro dimissioni attraverso la presa in carico da parte dei servizi socio-sanitari, ribaltando l’attuale prevalenza della custodia perimetrale a vantaggio degli obiettivi terapeutici e di reinserimento sociale.
L’impressione è che a Montelupo si stia giocando un braccio di ferro tra il vecchio e il nuovo, in cui i numerosi soggetti istituzionali coinvolti sono in affanno alla ricerca della soluzione economicamente più idonea. Fa riflettere anche la completa assenza in Toscana di un dibattito politico sul rapporto tra crimine e psichiatria e tra territorio e reinserimento del reo (“il pazzo cattivo”): per superare definitivamente gli Opg, strutture che il presidente Napolitano, solo qualche mese fa, definì orrori inconcepibili in qualsiasi Paese appena civile.
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